L'ECCLESIOLOGIA
ANABATTISTA OGGI
- Una valutazione personale
-
di
GABRIELE
BIANCHINI
- "La plus
belle des ruses du Diable est de vous persuader qu'il n'existe pas!" (Budelaire)
- "Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito?
Osservate
gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure
il Padre vostro celeste li nutre.
E chi di
voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un'ora sola alla sua
vita?
Osservate
come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico
che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di
loro.
Ora se Dio
veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani verrà gettata nel forno, non
farà assai più per voi, gente di poca fede?
Non
affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa
indosseremo?
Di tutte
queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne
avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste
cose vi saranno date in aggiunta.
Non
affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini.
A ciascun giorno basta la sua pena." (Matteo 6:25-34)
Vorrei intervenire sulla
valutazione dell'ecclesiologia anabattista alla luce di due premesse a mio
avviso fondamentali:
- l'interpretazione del messaggio di Gesù Cristo e la sua valutazione all'interno del contesto storico, filosofico, culturale e religioso offerto dal giudaismo e dal paganesimo greco romano dell'epoca, non può, secondo la mia opinione, porre l'accento sui caratteri di continuità del messaggio di Cristo con la tradizione giudaica (come fanno storici italiani quali Pesce - sulla scia di Thaissen- e di cui sono stato anche allievo). Questo poi al fine di operare una neanche tanto sottile opera di svalutazione del carattere di novità e di rottura che Gesù rappresenta nel continuum storico; per ridurre l'avventura cristiana apostolica a quella di una misera setta come tante dell'epoca, che per qualche caso più o meno fortuito, viene poi manipolata dall'impero romano che, trasformandola in una chiesa di stato, la destina ad essere una delle confessioni più diffuse al mondo.
- fresco della lettura di un libro che consiglio vivamente a tutti, in quanto inscrive la sua analisi della tendenza della società contemporanea a cadere in forme più o meno lampanti di fuga dalla libertà positiva proprio nel confronto tra il cattolicesimo e il protestantesimo, vorrei sottolineare che al di là dell’esegesi e dell’ermeneutica tecnica, l’interpretazione e la valutazione globale delle sacre scritture è suscettibile in maniera molto determinante delle premesse sociali, economiche e psicologiche dell’interprete, che spesso sono difficili da individuare con chiarezza, perché per lo più candidamente oscurate da un serie di “razionalizzazioni”, il cui carattere è invece squisitamente emotivo. In soldoni credo che si debba porre l’accento sulla corretta traduzione dall’originale dei testi o sulla questione del canone, non meno che sul peso che i teologi - che hanno determinato la storia delle chiese cristiane - hanno dato a questa o a quest’altra parte dei testi stessi, proprio in virtù delle loro premesse psicologiche, emotive, culturali, filosofiche e socio-economiche. Il libro è Fuga dalla libertà di E. Fomm, che sottoscrivo a pieno titolo, fatta attenzione alle premesse di cui poco fa dicevo, dalle quali neanche l’autore riesce ad essere pienamente distaccato, ma che si possono facilmente vedere, tenendo presente quando è stato scritto il libro e che Fomm era un socialista convinto, attivo politicamente, di famiglia ebrea, e comunque a mio avviso un pelo troppo positivista.
Detto ciò, per una valutazione sull’attualità
d’essere anabattisti oggi qui in Italia, non si tratta troppo di mantenere la
tensione verso un anabattismo storico, che pure va conosciuto approfonditamente,
nelle sue premesse, nel contesto in cui nasce e quello in cui si sviluppa la sua
storia.
In questa direzione mi sbilancio in una
supposizione che però mi sento di presentarvi: la reinterpretazione
dell’anabattismo avvenuta qui in Italia anche e grazie a Gastaldi e alle
Comunità Cristiane, mi sembra poter avere un valore ben al di là della mera
“rievocazione/riesumazione storica”. Inoltre può godere del benefico
influsso proprio della parte migliore del cattolicesimo. Non mi riferisco
chiaramente a quella relativa l’ecclesiologia, la liturgia e altre cose che
chiaramente ci “separano” da quel mondo, ma all’accento posto dal cattolicesimo,
anche medievale, su alcuni temi evangelici e culturali che partono da delle
premesse più felici rispetto a quelle del primo protestantesimo storico, vivo
però ancora in molte chiese contemporanee.
In questo senso penso che una rivalutazione del
medioevo da parte delle tradizione protestante, scevra dal pregiudizio che è
nato dall’opposizione alla corruzione della gerarchia cattolica e di alcune
prassi da essa inventate e avallate come sacrosante, sia assolutamente
necessaria. Gli anabattisti, perlomeno, se lo possono indubbiamente permettere,
in quanto anche storicamente hanno rifiutato non solo la chiesa e la società da
cui venivano, ma anche quella che si preparava con la prima riforma protestante,
e quest’ultimo aspetto è della massima importanza.
Il luteranesimo e il calvinismo, infatti, pur
esprimendo un nuovo sentimento di libertà, costituiscono al tempo stesso una
evidente fuga dalla libertà, storicamente leggibile nella immediata consegna
della fede sottratta al monopolio cattolico nelle mani degli imperi secolari
dell’epoca, diventando immediatamente chiese di Stato. Perché avviene questo
apparente paradosso e questa contraddizione?
La disgregazione dello statico e imbrigliato
ordine socio-economico medioevale, porta l’uomo in una condizione di maggiore
libertà, che però si configura essenzialmente come “libertà da” (dalla chiesta
cattolica, ad es.) e non di libertà positiva, creativa e produttrice, ovvero
“libertà di”.
La libertà acquisita rivela subito il suo
carattere ambiguo, e si configura paradossalmente come benedizione e maledizione
allo stesso tempo: libertà negativa.
L’uomo si scopre libero, come era successo nel
giardino dell’eden, ma di fronte a questo abisso di possibilità dispera, perde
la fede, si ritrova nudo, solo e insicuro. Insostenibilmente solo e insicuro.
Non vede la possibilità nuova che ha di scegliere Dio e di confermarsi
positivamente in Lui. Questo isolamento percepito, che crea quell’angoscia
esistenziale insostenibile di cui sono testimoni le sacre scritture come
pensatori in epoche disparate (Nietsche, Kiekegaard. Kafka, ecc…), è la cosa più
intollerabile alla natura umana: una solitudine morale e spirituale che è ben al
di sopra dell’angoscia che può creare la sola versione fisica di questo
isolamento.
Da queste premesse l’uomo moderno, come Lutero
e Calvino, si prepara a quella consegna di se, della sua individualità e della
sua libertà a nuovi dei e nuove istituzioni secolari, che caratterizza la
società contemporanea; ed è in questo annientamento senza precedenti - che si
configura come aut totalitarismo aut conformismo di massa -, che può almeno in
parte placare quell’ansia intollerabile che lo determina. Ecco perché il mondo è
fondamentalmente malvagio per i protestanti: perché le persone lo percepivano
psicologicamente come tale. Per il cattolici al contrario, al di la’ della
libertà dell’uomo di pervertire l’opera divina, essa rimane sempre
essenzialmente buona, in quanto opera di Dio. Nel protestantesimo storico
l’accento, più che sulla continuità e la somiglianza tra Dio e l’uomo, è posto
sulla loro differenza e distanza qualitative.
Se il cattolicesimo medievale è inscritto in un
universo determinista, che comunque dava anche sicurezza all’uomo, la
disintegrazione di questa società e la conseguente maggiore libertà e
valorizzazione dell’individualità non trovano un terreno solido su cui
edificarsi, né da un unto di vista fideistico, né psicologico-emotivo e poi
socio-economico.
Inoltre entrambe queste macro categorie
fideistiche rimangono vittime di una concezione STATICA della natura
umana: aut buona, aut cattiva.
La grande novità dell’opera fommiana consiste
nell’intuizione che invece la natura umana non è statica, ma DINAMICA,
ovvero dialettica.
A mio avviso lo stesso libero arbitrio può
essere illuminato da questa tesi fommiana: l’uomo è libero di essere buono come
cattivo. Non esiste una natura umana statica, fissa e determinata. E’ l’uomo
che, illuminato da Dio, sceglie di aprirsi alla libertà positiva donatagli,
oppure sceglie di resistere alla luce.
In
conclusione: il messaggio di libertà che esprime l’ecclesiologia
anabattista come l’anabattismo in toto, prendendo le distanze tanto dal
cattolicesimo quanto da parte del protestantesimo, pongono basi più solide per
mettere effettivamente l’uomo di fronte alla possibilità di quella libertà
positiva, produttrice e creativa che è in potenza nella creazione divina. Lo
sviluppo di questo tipo di libertà oggi, è il compito dell’anabattismo
contemporaneo, che deve concentrare i suoi sforzi più che nella difesa e nella
separazione (ovvero nella “libertà da”) - come storicamente è avvenuto per ovvie
ragioni-, in quell’ “edificazione” creativa e creatrice dell’uomo
nuovo.
Forgiato dalla
grazia, dall’amore e dalla remissione dei peccati di Cristo, il cristiano non
può accontentarsi dell’illuminazione della fede vissuta nell’isolamento, ma deve
attivarsi nell’amore verso il fratello e nella costruzione della comunità dei
fratelli cristiani.
Gabriele Bianchini
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